Impatto DSM-5 sull’autismo

Dall’autismo Kanneriano, quello degli anni ’40, all’autismo dei nostri giorni, versione DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ci sono stati tanti cambiamenti.

All’interno del DSM-5, infatti, le etichette diagnostiche di “disturbo autistico”, “Sindrome di Asperger”, “disturbo disintegrativo dell’infanzia”, “disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato” sono state sostituite dall’espressione “disturbo dello spettro autistico”. Alla base vi è la convinzione che queste condizioni presentino sintomi talmente simili da non appartenere a categorie differenti, rientrando nello stesso continuum.

La differenza sostanziale tra i due DSM è rappresentata dal passaggio, per una diagnosi di autismo, da una triade sintomatologica del DSM-IV (composta da interazione sociale, comunicazione, interessi ripetitivi),  alla diade sintomatologica del DSM-5 (comunicazione+interazione, interessi ripetitivi).

Il DSM-5 include anche una nuova condizione clinica “disturbo della comunicazione sociale” che è caratterizzata da difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale, include difficoltà nell’apprendimento ed utilizzo del linguaggio scritto e parlato, così come risposte inadeguate nella conversazione. Non include interessi, attività e schemi di comportamento ristretti e ripetitivi, questo tratto è quello fondamentale per la diagnosi differenziale tra autismo e disturbo della comunicazione sociale.

Il passaggio dalla triade sintomatologica, alla diade del DSM-5 ha suscitato l’interesse di clinici e ricercatori che hanno notato un decremento delle diagnosi di autismo con l’utilizzo di questi criteri. Anche in Italia avremmo questo decremento? L’OISMA se ne sta occupando attivamente con una ricerca specifica.